Vagoni per sole donne: la misandria come il razzismo?

Scena del film “Il buio oltre la siepe”, dove Tom Robinson, un bracciante di colore, viene trascinato in tribunale per via di una falsa accusa di stupro. Quest’opera evidenzia come il razzismo si reggesse sul pregiudizio sulla pericolosità dei neri, al pari di come la misandria si regge e si è sempre retta sul pregiudizio sulla pericolosità degli uomini.

Ho letto recentemente una (banale) argomentazione del perché i vagoni per sole donne sarebbero giusti. In sintesi parlava del fatto che certi uomini “lo appoggiano”, chiedendo all’interlocutore: “come ti sentiresti se te lo appoggiassero su una spalla o sulla schiena?”

Esatto, come mi sentirei? E perché devo cambiare genere per parlarne? Perché io, da uomo, come mi sentirei? E quali sono a questo punto le tutele che tu, promotore della segregazione solo da una parte (vagoni solo per donne senza corrispettivi solo per uomini) proponi per tutelare me da simili eventi?
Perché anche a me può capitare, e anche a me darebbe fastidio, quindi chi protegge me?
Presupponendo che siano solo uomini a farlo (e non è così, ma poi ci arriviamo), io da uomo come faccio a essere tutelato da una simile evenienza?
Anzi, se fosse solo maschile, un vagone solo per donne senza uno solo per uomini farebbe diminuire a me, uomo, lo spazio totale disponibile dove scappare da una simile evenienza. Perché mettiamo che abbiamo 2 vagoni, uno per tutti e uno solo per donne: se il molestatore mi colpisce nel vagone per tutti, non posso scappare in quello per donne, e così io resto lì a subire la molestia.
Se invece ho 3 parti, una per tutti, una per uomini e una per donne, se il molestatore mi colpisce in quello per uomini scappo in quello per tutti e viceversa.
Ho quindi una via di uscita al pari delle donne.
Senza non ho alcuna via di uscita mentre le donne sì.
E’ questa la giustizia?

Ma poi io, se non ho fatto niente, perché mi devo vedere lo spazio ristretto ogni volta? Perché nelle ore di punta devo stare stretto e le donne no?
Perché ok che ci sono “situazioni di emergenza” come quella della molestia, ma sono rare, e anche se fossero frequenti, vogliamo forse negare che per molestare qualcuno un minimo di tempo ci voglia, e che le fermate in cui nessuno viene molestato da nessuno superino di molto quelle in cui qualcuno viene molestato?
E se in queste situazioni di emergenza il restringimento dello spazio può essere accettato, come mai mi si deve restringere lo spazio in situazioni non di emergenza?
Allora che cosa mi si dà in cambio di questa restrizione unidirezionale?
Dato che io pago per uno spazio, e pago quanto le donne, pretendo allora di pagare un biglietto o abbonamento con prezzo minore, o di avere almeno un servizio in più.
Stesso servizio stesso prezzo, servizio minore prezzo minore.

Inoltre, questa è una forma di criminalizzazione del genere maschile, perché le colpe di una persona ricadono sugli individui appartenenti alla stessa categoria.
E’ una forma di pensiero collettivista, dove l’individuo non esiste.
Non siamo quindi individui che hanno tot caratteristiche, no. Siamo categorie, manifestazioni della categoria.
Che io e una persona che ha commesso un crimine possiamo essere individui diversi e quindi trattati diversamente è fuori discussione, è fuori dalla grazia divina, perché apparteniamo alla stessa categoria.
Anche se io non ho commesso alcun crimine, vengo giudicato per qualcosa che potrei fare. E perché non anche una donna?
Perché io condivido il medesimo sesso dell’uomo sconosciuto che ha molestato in passato una donna sconosciuta.
Quindi non sono un individuo, no? Sono “il maschio”, mente collettiva che si manifesta in forma individuale. L’individualità è quindi illusoria.
La costituzione e la legge dicono che la colpa è individuale e che non si può condannare qualcuno “in anticipo”, prima che abbia commesso il fatto, ma è esattamente ciò che sta accadendo.
Non ho fatto niente ma vengo trattato da criminale.
Come si può allora negare che questa sia una criminalizzazione, se mi si tratta da criminale?

In aggiunta, se vogliamo fare il gioco delle categorie, allora facciamolo. Perché non facciamo uno spazio “solo per bianchi”? “Ah ma quello è un altro discorso”, dirà qualcuno, “era per il colore della pelle, qui è per la sicurezza”.
Questa obiezione è pura ignoranza. Basta leggere (o vedere il film de) “Il buio oltre la siepe”, che descrive il PERCHE’ i neri erano trattati come cittadini di seconda classe.
Perché visti come PERICOLOSI a prescindere, per la loro pelle.
Esattamente come pericolosi a prescindere, per il loro sesso, sono visti gli uomini.
Nella storia Tom Robinson, un bracciante nero, viene ingiustamente accusato di violenza sessuale nei confronti di una ragazza bianca.
Esatto, QUESTO è il motivo per cui i neri venivano esclusi, segregati, ed è LO STESSO IDENTICO MOTIVO per cui vogliamo fare la stessa cosa agli uomini.
Cosa li differenzia? Nulla.
Perché non lo facciamo più? Perché è diventato scomodo farlo, ma se non fosse redarguito socialmente lo faremmo ancora, statene sicuri.
Perché ancora distinguiamo per categorie le persone “sicure” e quelle “pericolose”.
Non distinguiamo gli individui – per carità, quello è più che legittimo – ma le categorie, i gruppi, le classi di individui, e non gli individui stessi.
Nuovamente, pensiero collettivista vs pensiero individualista.

Ma non è neanche un pensiero solo collettivista, perché esistono tanti ambiti dove le donne sono a maggioranza autrici di crimini, pensiamo al fatto che sono il 90% delle “sexual misconduct” nei carceri minorili.

[Beck AJ, Cantor D, Hartge J, Smith T. Sexual victimization in juvenile facilities reported by youth. Bureau of Justice Statistics, 2012.]

E sono la maggioranza degli autori di violenza fisica sui bambini.
Perciò perché, per coerenza, non escludiamo le donne dal contatto con i bambini e con gli adolescenti in carcere?
Un bel cartellone con una donna sbarrata e scritto sotto “non fare la pervertita con gli adolescenti e tieni le mani a posto con i bambini, vai via!”?
Ovviamente non lo faremmo mai. Non ci passa nemmeno per la testa.
Però per gli uomini questo va benissimo, eh.
Certo, perché si sposa benissimo con la sacrificabilità maschile e con il “women are wonderful effect” (effetto “le donne sono meravigliose”), oltre che con la narrazione dell’uomo sempre carnefice e della donna sempre vittima.

Infine, tornando ai vagoni, se creiamo un vagone solo per donne mandiamo il messaggio che un uomo vittima di molestia da una donna non verrà creduto. Non gli creiamo sicurezza, non passiamo il messaggio che possa esprimere il suo disagio, comunicarlo e denunciarlo.
Questo a sua volta diminuisce il numero di denunce totale e crea un sommerso enorme di underreporting maschile.
Questa maggioranza femminile nelle denunce spinge a fare ulteriori azioni solo per donne e non anche per uomini (in primis un vagone solo per donne e zero vagoni solo per uomini, ma anche zero incoraggiamenti a denunciare e zero sensibilizzazione), il che peggiora l’under-reporting.
E’ un cane che si morde la coda.
Quindi mi chiedo, quali misure si intraprendono per incentivare la denuncia maschile e creare un clima di sicurezza per le vittime maschili di molestia, se l’ambiente invece è permeato di criminalizzazione dell’uomo?
E quanto attendibile può essere un dato tratto da un ambiente simile? Quanto può essere una prova e quanto invece carta straccia?
Un uomo vittima di molestia da parte di una donna come può essere creduto se basta che lei, in un simile clima antiuomo, dica che è stato lui a molestarla anche quando è viceversa?
Che passi si stanno facendo per avere un ambiente privo di bias che incentivi la denuncia anche maschile, per poter prendere i dati delle denunce come prova dell’effettiva percentuale maschile rispetto a quella femminile?
Perché sappiamo che esiste una cosa detta euristica della disponibilità che ci spinge a vedere come più frequente qualcosa che ci viene ripetuto più spesso, che ci torna più facilmente alla memoria.
Quanto il ripetere incessantemente il mantra della sensibilizzazione sulla violenza solo da una parte ci porta a falsare le vere percentuali dall’altra parte, degli uomini?
E se si pensa che “non sia possibile” a priori, perché si adduce a motivi biologici più che sociali una percentuale maggiormente maschile (nonostante gli studi la smentiscano a più riprese, ad esempio https://www.scientificamerican.com/article/sexual-victimization-by-women-is-more-common-than-previously-known/ ), perché limitarsi a proporre una soluzione momentanea? Se si pensa che le percentuali saranno a prescindere sempre maggiormente uomo-su-donna che donna-su-uomo, allora perché non sterminarci direttamente? Se siamo un problema, e questo problema non può essere risolto, allora andiamo distrutti.
O forse, magari, sei solo te che supporti questi pensieri che sei un/a pezzo di me**a che fomenti odio.

No ai vagoni solo per donne, no ai posti solo per donne, no ai “safe space” solo per donne, salvo in presenza anche di vagoni solo per uomini, posti solo per uomini e “safe space” solo per uomini.
I diritti che non sono di tutti non sono diritti, sono privilegi.

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